
Alcune tendenze socio-economiche negative, in atto da tempo nel paese, si stanno pericolosamente aggravando.
Da questo muove l’invito a investire cinque minuti della vostra preziosa attenzione.Condivideremo dati e riflessioni sull’impatto che tali andamenti avranno a livello nazionale. Più ancora, proveremo a tracciare il percorso che, attraversando un ponte ideale, ci conduca dai problemi generali ad una possibile soluzione personale.
L’Italia invecchia e lo fa a gran velocità:
Sarà che non vogliamo rinunciare alla nostra ottima cucina ma, giustamente, non abbiamo alcuna voglia di andarcene e così, nel 2023, l’aspettativa di vita alla nascita è salita di sei mesi fino alla media di 83,1 anni. (81,1 uomini / 85,2 donne)
Ma, il paese invecchia anche perché, da tempo, riempiamo più le cucce che le culle.
In un recente convegno il Prof. A. Rosina (demografo Università Cattolica) ha ricordato: che nel 2023, per ogni mille abitanti, ci sono state 6 nascite e 11 decessi e che, in dieci anni, abbiamo perso quasi 2 milioni di connazionali.La demografia piange e il mondo del lavoro, per non essere da meno, si commuove.La forza lavoro, dal 2019 al 2023, nella fascia d’età 25-49 anni, ha visto sparire tra occupati e aspiranti tali 1.642.000 unità. Inoltre, siamo l’unico paese occidentale in cui, negli ultimi 10 anni, le retribuzioni reali, invece di crescere, hanno registrato una riduzione del potere d’acquisto del 4,5%.Così, il recente aumento degli occupati maschera la tragedia dei “working poor”: i tanti, soprattutto giovani, che hanno retribuzioni misere e carriere discontinue. Quindi, mentre l’invecchiamento dilata le esigenze sanitarie e pensionistiche, l’impoverimento del mercato del lavoro riduce la disponibilità di risorse.
Questi andamenti, previsti in ulteriore peggioramento, (Rapporto ISTAT 2023) avranno impatto negativo: sui consumi di base e, più in generale, sulla crescita economica; sul mercato immobiliare; sulle prestazioni sanitarie e pensionistiche.
Ma, individualmente, avendone la possibilità, quanto ci stiamo preparando per non subire passivamente i danni derivanti da questi mutamenti in atto?
Non molto, secondo l’ultimo rapporto CENSIS sulla situazione sociale italiana che ci descrive, con un titolo alquanto drastico: I sonnambuli ciechi dinanzi ai presagi.
C’è dunque la necessità di riflettere su come pianificare, finanziare e proteggere, un buon tenore di vita per l’età post lavorativa, perché sia serena e godibile, il più a lungo possibile.
Per realizzare questa legittima aspirazione bisogna fare in modo di assicurarsi di non sopravvivere alle risorse finanziarie accumulate e di non abbandonare, in balia dei capricci dei mercati, il valore delle entrate periodiche.
Possiamo pensare ad immobili messi a reddito o alle cedole di prodotti finanziari? Molti lo fanno ma, in certe circostanze, potrebbe accadere che l’immobile resti sfitto oppure che, il crollo dei mercati o la riduzione dei tassi d’interesse, rendano insufficienti o assenti le entrate su cui facevamo conto.Una valida alternativa potrebbe essere quella di cavalcare, in fase di accumulo, l’ondivaga potenzialità dei mercati finanziari a lungo termine, mentre, per la fase di fruizione (decumulo), optare per le entrate certe e regolari, che solo un servizio assicurativo può garantire.
Se poi, a tutto questo aggiungiamo anche un risparmio fiscale in fase di accumulo e uno sconto d’imposta per la fase di decumulo, allora approdiamo al sistema di previdenza privata, che vanta quasi 20 anni, di cui molti hanno sentito parlare ma solo pochi conoscono in modo accettabile
La Previdenza Complementare!
Inizio con una nota: “L’iscritto ad una Cassa di Previdenza NON ha diritto all’intangibilità del trattamento pensionistico vigente al momento in cui ebbe inizio l’iscrizione.Al legislatore, infatti, non è interdetto modificare in senso sfavorevole . . . omissis”. Corte Costituzionale: Sentenza n° 390 del 26/7/1995
Quindi, fatto salvo chi andrà in pensione domani, è inutile fare conto su qualsivoglia prestazione certa. Perché, le proiezioni INPS, e delle altre casse di previdenza, sono valide solo fino alla prossima modifica.Il fondamento economico e giuridico di tale sentenza, e di altre in materia, si fonda su un dato di fatto: il nostro è un sistema a ripartizione. Il denaro che versiamo, non viene accantonato, sul nostro conto e investito, in attesa del giorno in cui ci verrà restituito sotto forma di pensione. Certo, la riforma Dini del 1995, sancì il passaggio progressivo dal metodo Retributivo a quello Contributivo ma si trattò solo di un diverso modo di calcolale le future prestazioni.

Perché abbiamo il sistema a Ripartizione?
In conseguenza della Seconda guerra mondiale, il valore della lira crollò e, con il sistema a Capitalizzazione, non c’erano più le risorse per pagare le pensioni. In conseguenza, si passò necessariamente a quello a Ripartizione. In tale sistema, versiamo i contributi in una sorta di scolapasta dove si mescolano con quelli di altri e, subito dopo, ne escono frazionati in tanti rivoli che costituiscono le pensioni in fase di erogazione.Nonostante i diversi inasprimenti già attuati, con il rapporto entrate/uscite che continua a peggiorare, niente potrà garantirci la pensione che avevamo ipotizzato.
Abbiamo un Elefante nella stanza? (X) Sembrerebbe di sì visto che il 95% degli italiani è consapevole di dover integrare la pensione ma, solo 11% conosce, in maniera accettabile, gli strumenti che sono a disposizione per farlo.Conseguentemente, anche disponendo delle risorse economiche, facciamo poco e lo facciamo tardi. Invece il tempo, è una risorsa non rinnovabile, è il principale alleato di cui disponiamo per realizzare risultati adeguati e vantaggiosi.
Dieci anni dopo la riforma Dini, il D.lgs n° 252 del 5/12/2005 instituì un sistema a capitalizzazione “privato” definito Previdenza Complementare, che riassumo: >
Commento a conclusione: la maggiore lunghezza del periodo di partecipazione si traduce in maggiori benefici finanziari, perché nel lungo termine si può scegliere di investire, con più serenità, anche in comparti più volatili ma più redditizi; per l’effetto di accrescimento, derivante dalla capitalizzazione composta; per la maggior deduzione fiscale e la minore tassazione delle prestazioni al termine, ivi comprese le eventuali quote di TFR versate che, se lasciate in azienda, saranno poi soggette a tassazione separata con aliquota media sicuramente superiore.

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